Dell’antico statuto municipale di Roccaromana sono giunti a noi solo 8 dei 130 articoli che lo componevano a differenza di quanto accaduto per quello di Pietramelara, arrivato a noi pressoché intatto. Il frammento di 8 articoli si è salvato in quanto fu utilizzato nella causa civile tra l’Universitas – l’attuale comune – e il feudatario don Andrea di Capua per gli abusi commessi da quest’ultimo nel suo feudo.
Grazie allo storico Raffaele Ricciardi abbiamo potuto ricostruire parte della storia di Roccaromana ed in particolare il dominio che questa esercitava sui centri viciniori: Pietramelara, Pietravairano, San Felice e Riardo.
Lo statuto municipale a cui facciamo riferimento risale al 1538 ma già precedentemente, nel 1471, venne ratificato un accordo tra I’Universitas di Roccaromana e il marchese Altobello Marzano, feudatario dell’epoca.
Il 9 marzo 1538 il feudatario Geronimo di Francesco approvò ufficialmente i capitoli dello statuto presso quello che fu il palazzo baronale di Roccaromana, in via La Rocca. Successivamente la baronia fu venduta a Lucrezia Arcamone che non apportò modifiche agli articoli, ugualmente fece il figlio Giovan Tommaso di Capua che confermò lo statuto il primo marzo 1544. Qualche anno più tardi, nel 1563, fu Andrea di Capua (1566 circa – 1590) ad ottenere, per diritto di successione, il dominio sulle Terre di Francolise e quindi anche su Roccaromana.
Nel 1576 lo statuto fu radicalmente modificato in seguito ad un accordo tra il di Capua e i rappresentanti dell’Universitàs: Geronimo Zeppetella, Bernardino Casillo e Nando Giarrusso. Furono innanzitutto regolamentate le cariche istituzionali e i relativi poteri; il potere esecutivo era affidato a 3 eletti, uno per frazione e il loro mandato durava un anno, dal primo settembre al 31 agosto successivo. Essi si riunivano ad sonum campanae in un edificio pubblico ubi curia regitur in iuxta viam pubblicam ubi dicitur la Terra – quindi nei pressi dell’attuale Municipio, da sempre ritenuto il centro culturale e politico del Comune –. Il Parlamento locale, eletto dai cittadini che avevano diritto al voto, era l’organo consultivo e nominava il camerlingo, l’erario, i giurati, il massaio, i baglivi e il notaio che però non doveva essere cittadino di Roccaromana. Precisiamo che il baglivo era una figura con ampi poteri giudiziari e amministrativi, in particolare aveva il compito di custodire i terreni feudali, di proibire il taglio dei castagni, di ordinare il taglio dei rami e di custodire le due starze feudali, una a Roccaromana ed una a Statigliano.
Come già accennato, Andrea di Capua modificò quasi totalmente lo statuto pubblicandolo il 2 gennaio 1577 in Pietramelara alla presenza del notaio Santoro Borrello di Roccaromana; con queste modifiche iniziò ad alterare gli equilibri, già fragili, tra il feudatario e I’Universitas. Col passare del tempo perpetrò una serie di abusi e di illeciti, come emanare leggi e decreti senza interpellare gli organi consultivi. Nel 1575, col pretesto di utilizzare un bosco che gli fu donato dall’Universitas, occupò con la forza anche altri boschi demaniali adiacenti, uno di proprietà del convento della Santissima Annunziata di Roccaromana, fino ad ordinare, il 13 novembre 1575, il sequestro degli animali e l’arresto degli allevatori che vi lavoravano.
Nel tempo il feudatario don Andrea di Capua, circondato da un gruppo di cittadini facinorosi e devoti, si arrogó il diritto di utilizzare beni demaniali e privati considerandosi unico assoluto signore e dispensatore di ogni grazia.
Se qualcuno avesse provato ad opporsi sarebbe stato minacciato, arrestato e condotto nelle prigioni, tanto da far costruire un grande carcere nei sotterranei dei palazzi di via Morrone. Questa sorte toccò a Geronimo Zeppetella, Gianluigi De Francesco e Nardo Venditto che furono arrestati poiché manifestarono pubblicamente il loro dissenso e tentarono di arginare lo strapotere e le usurpazioni del feudatario. Col passare del tempo gli abusi proseguirono: pretese 8 ducati l’anno dall’Universitas, impose tasse sulla vendita del grano, del vino e dei polli e arricchì la sue dimore di Roccaromana e Pietramelara a spese dell’Universitas stessa. L’apice si raggiunse quando modificò i poteri delle cariche elette e ridusse l’autonomia politica ed amministrativa del comune di Roccaromana tentando l’unione politica e amministrativa con la vicina Pietramelara. Non contento di quanto fatto, inasprì ancora di più la contesa con [???] obbligando ogni abitante a prestare tre giornate di lavoro e servizio alla sua persona senza alcuna retribuzione.
Questi continui soprusi portarono ad un acceso scontro che culminò con la costituzione di una arringa civile che ebbe luogo nel Palazzo Ducale di Pietramelara. Il processo vide coinvolti i rappresentanti dell’Universitas e il feudatario sostenuto da un gruppo di fedelissimi: Giovanni Burrello (alias Ciglione di Statigliano), Nicola Cunti e Angelo Montanaro di Latina, Battista de Carlone, Tarquinio de Angelis e Svetonio Conte di Pietramelara e il nobile notaio Silvio de Rinaldis di Roccaromana. Al termine del processo il Sacro Regio Consiglio, con decreto del 25 maggio 1580, condannò il feudatario a versare ottanta ducati a favore dell’Universitas ed abrogò definitivamente le tre giornate di lavoro gratuite.
Si evince, quindi, che don Andrea di Capua rappresentava e personificava l’evoluzione del feudalesimo del XVI secolo, caratterizzato da aspre lotte di potere, soprusi, inganni e prepotenze nonostante i comuni avessero già assunto un’entità moderna e avessero già ottenuto una maggiore autonomia amministrativa e politica. Col tempo vedremo che la lotta tra comuni e feudatari avrebbe portato ad una graduale e progressiva riduzione delle pretese feudali. E pensare che don Andrea di Capua, feroce e arrogante nemico del suo popolo, era il nipote di Lucrezia Arcamone, donne forte e intelligente che molto amò quelle terre tanto da sceglierle per la propria sepoltura… ma questa è un’altra storia.
Bibliografia
- Raffaele Alfonso Ricciardi, Un frammento inedito dello Statuto Municipale di Roccaromana, Stabilimento Tipografico di Michele Gambella, Napoli 1893.
- Archivio di Stato di Napoli, Protocolli del notaio Silvio de Rinaldis.
- Mario Panebianco, Summa archeologica e storica delle antichità di Roccaromana, Tipografia Mincione, Sparanise 1997.
- Archivio di Stato, Napoli.
- Archivi privati famiglie di Pietramelara e Roccaromana.
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