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Il 13° Battaglione Cacciatori e Maddaloni

  • Storia

La storia militare italiana rappresenta oggi uno dei settori di studio che vanta una forte e copiosa produzione storiografica. Le operazioni belliche e l’organizzazione dei reparti del Regio Esercito Italiano sono stati analizzati e studiati da professionisti del settore che hanno poi dato vita ad opere di notevole spessore. Questo è dovuto sia alla vicinanza temporale delle vicende che ad una vasta produzione documentaria dell’Italia unita.

Un campo ancora quasi del tutto inesplorato resta, pertanto, quello relativo alle vicende e all’organizzazione interna delle forze armate degli Stati preunitari. In questo articolo tratteremo proprio uno di questi aspetti dando un’occhiata ad un reparto particolare cercando di inquadrarne l’azione in un determinato contesto. Ovviamente l’ambito è quello dell’Esercito del Regno delle Due Sicilie, sicuramente uno dei più preparati ed organizzati della penisola preunitaria. Ci riferiremo al Corpo dei Cacciatori e, in particolare, al 13° Battaglione, composto da svizzeri, istituito il 20 marzo 1850 e destinato alla città di Maddaloni.

Origini e sviluppo del Corpo

La specialità dei Cacciatori rientra nelle fila della fanteria leggera e non rappresenta un unicum napoletano. Reparti simili si ritrovano infatti negli eserciti austriaci, inglesi, olandesi e prussiani tra la fine del XVIII e il XIX secolo. Nello Regno meridionale, che all’epoca prevedeva ancora la dualità di corone tra Napoli e Sicilia, ad istituire i primi cinque reggimenti di “Volontari Cacciatori di Frontiera” fu Ferdinando IV di Borbone il 15 agosto 1788. Dapprima l’arruolamento avveniva su base volontaria e locale. Essi avevano prevalentemente compiti di difesa territoriale, imperativi ancora lontani dalla specializzazione del Corpo avvenuta dal secondo ventennio dell’800.
Successivamente, il 30 gennaio 1797, i reggimenti diventarono sei e la base del reclutamento passò dal livello locale a quello provinciale. A spingere Ferdinando, ormai primo sovrano delle Due Sicilie, verso una riforma in senso più operativo e specialistico del Corpo dovettero incidere non poco i traumi dei due esili della corte a Palermo in seguito agli stravolgimenti prima della Repubblica Napoletana del 1799 e poi dei regni napoleonici di Giuseppe Bonaparte (1806-1808) e di Gioacchino Murat (1808-1815). Riformare un esercito era ormai considerata una necessità.
Con la proclamazione dell’ordinamento del 2 luglio 1821, il corpo dei Cacciatori si arricchisce di due reggimenti di granatieri e di quattro reggimenti di fanteria di linea. Inoltre viene istituito il Corpo dei Cacciatori Reali. La composizione, quindi, non è più quella di corpi militari di frontiera, ma viceversa di vere e proprie unità da combattimento. Nel corso degli anni i quadri della specialità dell’esercito borbonico si andranno sempre più arricchendo. L’opera verrà portata avanti da Ferdinando II che, come il nonno prima di lui, si troverà a regnare in un contesto animato dai sommovimenti sociali e politici della stagione del 1848.
Il 5 gennaio 1856 il corpo dei Cacciatori si arricchirà del 13° battaglione svizzero che troverà temporaneamente sede a Maddaloni. In seguito alla decisione di revocare il mandato ai mercenari svizzeri presa dal nuovo sovrano Francesco II il 12 febbraio 1860, il 13° venne rimpinguato con elementi nazionali. Fu proprio il 13° battaglione ad essere tra i protagonisti della resistenza di Capua agli eserciti prima di Garibaldi e poi di Vittorio Emanuele II di Savoia. I Cacciatori borbonici, insieme ai fanti del 4° reggimento “Principessa”, resistettero per più di un mese ai continui assalti dell’armata sarda. Soltanto di fronte alla maggior potenza di fuoco degli avversari, il 2 novembre si arresero. Fino alla fine i Cacciatori dimostrarono il loro valore.

Battaglione di Cacciatori nella piazza d'armi di Capua

Maddaloni esempio di potenziamento della difesa militare

Caserma dell’Annunziata di Maddaloni

La riforma del Corpo dei Cacciatori e l’incremento delle sue fila a cui diede impulso anche Ferdinando II rientrano essenzialmente in una politica di prevenzione messa in atto dopo i moti del 1848. Non a caso questa riorganizzazione procede in contemporanea con il potenziamento delle strutture militari non solo nell’ambito napoletano, ma anche in quello di Terra di Lavoro, in particolar modo nei comuni vicini al Palazzo Reale di Caserta. È in questo periodo che Maddaloni e Casanova – attuale Casagiove – vedono crescere la presenza militare nei propri contesti urbani e sociali. La scelta delle sedi è dettata proprio dalla vicinanza delle due città. In caso di sollevazione, i reparti possono facilmente raggiungere la residenza reale. Quest’opera di potenziamento interessa in modo evidente soprattutto Maddaloni.
Nel 1850 si dà inizio alla costruzione di una nuova caserma militare nel giardino ormai comunale dell’ex convento dell’Annunziata, dopo l’istituzione il 20 marzo del 13° Battaglione Cacciatori composto da svizzeri e destinato a questa città. Viene restaurato il vecchio caseggiato del convento al costo di 15.000 ducati e viene costruita una nuova struttura che si unirà a quella esistente andando poi a formare un quadrilatero. La caserma si chiamerà Annunziata proprio in virtù della denominazione del convento. Per la costruzione del nuovo edificio viene stanziata una cifra di 170.000 ducati, la maggior parte dei quali peserà sulle casse del Decurionato – corrispondente all’attuale Consiglio comunale –.
Per la progettazione e la realizzazione viene chiamato l’architetto militare Carlo de Chollet, che, dal gennaio 1851, si occuperà anche dei lavori dell’ex palazzo ducale di Maddaloni (oggi Villaggio dei Ragazzi). Proprio in questo edificio il 27 aprile 1855 venne impiantato per ordine di Ferdinando II il collegio militare del Regno che venne poi trasferito a Napoli (oggi Nunziatella) il 7 novembre 1859. Nella caserma Annunziata stanzieranno i soldati borbonici del 13° e del 10° battaglione Cacciatori che accorreranno poi a combattere l’avanzata di Garibaldi.

Caserma dell'Annunziata di Maddaloni
Bibliografia
  • M. Montalto, I Cacciatori Napoletani 1821 – 1861, Napoli, Editoriale Il Giglio, 2010;
  • G. De Sivo, Storia di Galazia Campana e Maddaloni, Maddaloni, Tipografia La Fiorente, 1986.

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