A Casagiove è oggetto di una profondissima venerazione un Santo, certamente insolito nelle nostre zone, il cui spirito di carità continua a risuonare nel mondo intero: stiamo parlando del francese san Vincenzo dé Paoli, o meglio, Vincent dé Paul. San Vincenzo dé Paoli, definito dal mondo cattolico, “apostolo della Carità”, visse nella Francia del XVII secolo, un periodo storico scandito da una forte distinzione tra la nobiltà e la povertà e, proprio in questa ottica di discrepanza a livello sociale, la missione terrena messa in atto dal francese san Vincenzo dè Paoli, si prefiggeva non solo di soccorrere materialmente e spiritualmente i più indigenti, ma pure di “evangelizzare” pezzenti e ignoranti nelle campagne francesi, quindi, cercando di proclamare la Parola del Signore nelle zone periferiche dei grandi centri urbani, come il caso di Parigi. Le origini della Congregazione dei Preti della Missione o Padri Verginisti, fondata da Vincent de Paul (1581 – 1660) vide la luce nel XVII secolo, grazie anche al contributo cospicuo in denaro che la contessa de’ Gondi elargì a vantaggio dei primi ecclesiastici guidati dallo stesso san Vincenzo e che, come scopo principale aveva proprio quello di dedicarsi “unicamente alle missioni per i poveri contadini”. La prima Casa Vincenziana in Italia venne aperta a Roma nel 1641 e, soltanto nel 1668 la Congregazione dei Preti della Missione si insediò a Napoli. Tra i primi missionari vincenziani che, nel 1668 giunsero a Napoli, c’era Cosimo Galilei, nipote diretto del celebre astronomo toscano Galileo Galilei, il quale ricoprì la carica di primo superiore della Casa Missionaria napoletana.
Il primo incontro tra i cittadini dell’allora casale di Casanova e i padri vincenziani, ebbe luogo nel 1785 attraverso una missione popolare che durò 15 giorni e che, sicuramente portò benefici spirituali. A mantenere però vivo il culto verso il Santo francese, fino a giungere ai tempi attuali, sono stati i confratelli della Reale Arciconfraternita di San Michele Arcangelo, il Pio Sodalizio più antico di Casagiove, fondato con Regio Decreto del 29 aprile 1749 concesso da Sua Maestà Carlo III di Borbone. Nel 1804, infatti, il nome di San Vincenzo venne già inserito nella co-intitolazione del Pio Sodalizio e, tale testimonianza temporale è documentata attraverso un “Libretto” di aggregazione “de’ Fratelli, e Sorelle ascritte alla Venerabile Congregazione sotto il titolo delli gloriosi S. Michele Arcangelo e S. Vincenzo di Paola in Casanova della Fedelissima città di Capua” (conservato presso la Biblioteca del museo provinciale campano di Capua).
I casagiovesi, nel mese di luglio, tributano al Santo dei pomposi festeggiamenti che, attualmente, hanno raggiunto il modello “standard” di festa popolare: luminarie, bancarelle di ogni tipo e concerti di piazza sia sinfonici che melodici. Un tempo, però, san Vincenzo veniva festeggiato in maniera del tutto particolare: con una corsa di cavalli. Il mese di luglio dell’anno 1860 era ormai alle porte, e i preparativi per la festa “esterna” in onore di san Vincenzo dé Paoli, fervevano. Il signor Raffaele di Stasio, Priore della Congrega di San Michele Arcangelo, rivolgendosi all’Autorità competente, chiese il permesso per poter far eseguire una corsa di cavalli durante la festa del Santo francese. Una prima “supplica” venne indirizzata all’Intendente di Terra di Lavoro, attraverso la quale, lo stesso Priore della Congrega: “l’espone(va) come il giorno ventidue dell’entrante mese di luglio si celebra(va) la festa del glorioso S. Vincenzo di Paola, e siccome in ogni anno è stato solito di farsi la processione alla mattina la corsa delle giumente al giorno e giuoco della così detta cappella, e fuoco artificiale alla sera, così il supplicante porge(va) all’ E. V. ad accordargli il permesso, anche per quest’anno e l’avrà”. Certamente, anche all’epoca non mancavano le numerose “scartoffie” burocratiche, tanto che il 28 giugno 1860 un’ulteriore nota avente per oggetto “Corsa dei cavalli in Casanova”, venne inviata questa volta alla “Polizia Generale” dall’ Intendente di Terra di Lavoro, informando che: “Non avendo ciò osservazioni a farsi in contrario, prego V. E. la sua superiore autorizzazione potendosi preservare che tale corsa abbia luogo in campagna anziché nell’abitato ove potrebbe dar luogo ad inconvenienti”. L’autorizzazione per l’esecuzione della manifestazione ludica, giunse da Napoli il 3 luglio 1860, attraverso una lettera inviata dal “Ministero e Real Segreteria di Stato dell’Interno – Ramo Polizia”, allo stesso Intendente della Provincia di Terra di Lavoro, dove “di riscontro al di lei rapporto del 30 decorso mese, n. 3834”, il Ministero autorizzava “a permettere che in Casanova possa eseguirsi la corsa dei cavalli, in occasione della festività che ivi si celebrerà nel dì 22 corrente mese”, contemporaneamente dovendo mantenere “le una lunghe disposizioni pel mantenimento dell’ordine pubblico”. Infine, il 10 luglio 1860, l’Intendente informò l’Ispettore di Polizia in S. Maria, spiegando tutta la faccenda relativa ai festeggiamenti del dì 22 luglio “con processione la mattina , corsa dei cavalli, giuoco della cosiddetta cappella, e lo sparo del fuoco artificiale”. Quindi, l’Ispettore di Polizia “in seguito di autorizzazione del Ministero di Polizia” dovette “secondare la dimanda quante volte via stata l’annessa dell’Ordinario Diocesano, dovendo però la corsa aver luogo in campagna, anziché nell’abitato, ove potrebbesi verificare degl’inconvenienti”, e l’Intendente raccomandò lo stesso Ispettore di Polizia affinché avesse dato “in pari tempo le analoghe disposizioni pel mantenimento dell’ordine pubblico”.
Bibliografia
- ASCE (Archivio di Stato di Caserta), Intendenza Borbonica, Alta Polizia, pacco 33, fascicolo 2445.
- Guerra G., Guerra M., Storia dei missionari vincenziani nell’Italia meridionale, Roma 2003.
- Gianfranco Iulianiello, I Missionari vincenziani a Castel Morrone, Castel Morrone 2008.
- Archivio Storico dei Missionari Vincenziani Napoli, 3.4.19-22 Registro delle Missioni ed Esercizi al Popolo – Volume II 1756 – 1821.
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