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Adame e Ademe (Adamo ed Eva)

Il confronto con la nostra storia, nei suoi perché e nei suoi come, fornisce grandi insegnamenti e contribuisce a ridefinire chi siamo e dove stiamo andando. La storia orale dei nostri territori, che sparisce sempre più rapidamente sotto i colpi della globalizzazione dilagante attraverso i mezzi di comunicazione di massa, e il modo di dire e di fare dei nostri anziani permette di ricostruire e valorizzare le peculiarità delle nostre comunità.
Lo storico folclorista Paolo Toschi nel suo testo Guida allo studio delle tradizioni popolari (Roma 1945, p. 20) diceva: «La tradizione popolare è una perenne forza spirituale della collettività, la quale crea, conserva e tramanda quelle forme di vita pratica e morale che alla collettività stessa sono necessarie e congeniali, mentre elimina via via quelle che sono morte e superate».
Si riporta qui un mito di fondazione raccontato da Maria Cristina Valentino, analfabeta, nata ad Alvignano, nella frazione collinare di Montaniccio, il primo marzo 1907 ed ivi vissuta 105 anni, quarta di undici figli di contadini mezzadri. Testo registrato e trascritto il 21-05-1994.
Da questo mito emerge l’umanità divisa in due: non Cristiani e Cristiani, in particolare metà Turchi e metà Cristiani. E Gesù Cristo, acquisito nel popolo come uno e trino, è, allo stesso tempo, creatore del mondo e fondatore delle giuste regole di vita. Regole che venivano fissate lungo il percorso di vita terrena di Cristo stesso, come si evince anche da altri miti di fondazione.
Qui Gesù Cristo indica la giusta via, il diavolo corrompe l’umanità, ma è sempre l’uomo che crea la diversità.

Casa natale di Maria Cristina Valentino, Montaniccio, frazione di Alvignano.
Adame e Ademe (Adamo ed Eva)

Allore, stevene Adame e Ademe, ‘i mettette dient’a nu ciardine. ‘Icette accussì: vuie mangiate tutte ‘i frutte, fore che chigliu frutte là. ‘U vi? Allore iette ‘u serpente, ‘icette accussì, ‘icette: pecché nu ve mangiate chillu frutte? Mangiateviglie! E che po’ se mangettene ‘u frutte e addeventerene uommene e femmene. No? Se cunuscevene uommene e femmene. Allore iette Gesù Criste: pecché v’ite mangiate chillu frutte?
– È il serpente che ce la trate ‘nganne.
Allore ‘icette Gesù Criste, ‘icette accussì: tu serpente andare co la panze pe terre fine a la viste d’uome, tu donne hai partorire con gran delore e tu uome ha da faticare con gran sudore, p’abbuscare un tozzo di pane. E facerene miatante pagliare e figlie. No? Mieze ce gl’accuserene a Gesù Criste e mieze n’ce gl’accuserene, mieze so turche e mieze simme crestiane.

Allora, stavano Adamo ed Eva, li mise dentro a un giardino. Disse così: voi mangiate tutti i frutti, tranne quel frutto là. Lo vedete? Allora andò il serpente, disse così, disse: perché non vi mangiate quel frutto? Mangiatevelo! E poi si mangiarono il frutto e diventarono uomini e femmine. No? Si conoscevano uomini e femmine. Allora andò Gesù Cristo: perché vi siete mangiato quel frutto?
– È il serpente che ce l’ha tirato in gola. Allora disse Gesù Cristo, disse così: tu serpente andrai con la pancia per terra fino alla vista d’uomo, tu donna partorirai con gran dolore e tu uomo lavorerai con gran sudore, per guadagnarti un tozzo di pane. E fecero molte migliaia di figli. No? Metà li dichiararono a Gesù Cristo e metà non glieli dichiararono, metà sono Turchi e metà siamo Cristiani.


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