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Il Risorgimento a Roccaromana

  • Storia

L’esercito delle mille Camicie Rosse parte da Quarto e arriva a Marsala per poi risalire la penisola, combattendo battaglie al fine di liberare l’Italia del sud… Si ma liberarla da chi?

L’immagine che c’è stata solennemente tramandata è quella della gloriosa epopea garibaldina; purtroppo la storiografia ufficiale ha riportato sempre e soltanto gli avvenimenti istituzionali e il diario di guerra delle gloriose gesta dei notabili ma non ha mai raccontato la realtà quotidiana dei popoli del Sud Italia. Non si è mai dato spazio agli aneddoti e alle notizie che riguardavano le popolazioni umili e anonime. Sarebbe stato bello anche leggere le vicende più semplici ma più vere della gente dei nostri paesi e con il suo reale e drammatico eroismo, meno mitologico e meno adatto ai libri di storia.

Tuttavia è proprio nella storia di quei paesini del Sud, trattati come semplici figuranti, che bisogna cercare la reale vicenda del passaggio dal regime borbonico a quello sabaudo. Gli uomini del Sud non sapevano se combattere con o contro Garibaldi perché non capivano se quel condottiero fosse un salvatore o meno e soprattutto non potevano accettare che un presunto salvatore sostituisse un monarca e mutasse le strutture politico-istituzionali radicate sul territorio in un nuovo Regno con una nuova struttura geopolitica.

Molte furono le battaglie avvenute in Italia e fra queste ci fu quella di Roccaromana, meno nota di quella di Caiazzo ma altrettanto forte e drammatica perché vide le popolazioni locali scontrarsi con i giovani Garibaldini.

Il giorno 19 settembre 1860 tra Roccaromana e Pietramelara si ebbe una violenta battaglia fra i Garibaldini e la popolazione locale capeggiata dal parroco di San Cataldo, don Domenico Zaccaria, insieme con uno squadrone di 400 soldati dell’esercito regio borbonico: molti Garibaldini furono fatti prigionieri e numerosi altri furono uccisi sul campo.

De’ Sivo e Delli Franci, nelle loro memorie, parlano di 80 Garibaldini caduti tra Pietramelara e Roccaromana, altre fonti invece (diario della compagnia Racchetti) parlano solo di 3 morti in battaglia e 5 feriti, morti successivamente, perché lasciati nelle mani dell’esercito Regio e dei nostri compaesani.

Al di là di queste imprecisioni numeriche, il dato certo è che i nostri avi non volevano arrendersi, non volevano una mera sostituzione di un re e dell’apparato burocratico tanto che furono attori protagonisti nella battaglia, sostenendo l’esercito Regio sotto la guida dell’allora parroco curato che incitava la popolazione, con mazze e bastoni, a difendere la propria identità culturale e sociale, il proprio territorio, le proprie tradizioni contro quelli che sarebbero stati i soprusi di un regime diverso e lontano dalla storia e dalle tradizioni di Roccaromana e del Sud Italia.

Molti autori del tempo scrissero che il territorio di Roccaromana era ormai diventato uno degli ultimi baluardi del regime borbonico, come si evince nella descrizione della Legione del Matese di Petella e nella monografia storica di Ricciardi.

Il motivo preciso che spingeva gli abitanti ad essere così ostili ai soldati in camicia rossa non li conosciamo, forse perché si sentivano fedeli al re Francesco II di Borbone o forse, molto più verosimilmente, perché delusi dagli avvenimenti e perché già intravedevano all’orizzonte la staticità politica, il vuoto amministrativo mascherato da un cambio di casata reale.

Anziché rivoluzionare tutto, mantenendo le simbologie e le tradizioni di uno Stato ma incidendo sulla politica e sulle riforme, si stava cambiando la monarchia e il governo lasciando tutto immutato, senza le riforme sociali che avrebbero dato ricchezza e benessere al popolo dal Nord al Sud, equiparando la qualità di vita dell’entroterra a quella dell’interland napoletano, che fino al 1860 era una delle più alte d’Italia.

Questi episodi, però, già solo per la violenza, non rappresentano certamente una pagina edificante per il nostro territorio e per l’Italia intera. Proprio per questo, a unificazione avvenuta, Roccaromana fu (moralmente) obbligata a riconoscere subito dopo la successiva sconfitta in battaglia e l’annessione al Regno d’Italia, la sue “colpe” e qualche anno decennio dopo, il 6 settembre 1903, eresse in onore ai Garibaldini morti sul territorio, un monumento come segno di rispetto verso la morte, verso chi era caduto per un ideale e probabilmente anche come doveroso segno di appartenenza a una Italia Unita in cui ora volevano cominciare a credere.

All’inaugurazione parteciparono molte autorità, il sindaco di allora dott. Diomede Rinaldi, il reverendo arciprete mons. Nicola Rinaldi fratello di Diomede, il sindaco di Pietramelara cav. Gennaro De Ponte e il parroco del tempo rev. Raffaele del Gizzo che nel suo ispirato discorso, unendo insieme l’amore per la patria e il culto per i defunti, benedisse il monumento.

Vecchio ospedale di Roccaromana

Ma facciamo un passo indietro… Perché fu eretto un monumento commemorativo dei Garibaldini caduti a Roccaromana?

Come poc’anzi scritto, subito dopo l’annessione al Regno d’Italia, sotto la spinta del parroco della chiesa della Santissima Croce, don Nicola Rinaldi, sacerdote particolarmente colto e intelligente, Roccaromana fece arrivare a Vittorio Emanuele II, re d’Italia, le scuse per quanto accaduto e la piena volontà a divenire sudditi fedeli del nuovo Regno così da essere subito premiati dal re con la costruzione di un ospedale di beneficenza dove sorgeva un glorioso convento agostiniano.

Don Nicola Rinaldi, per la sua lungimiranza, divenne presidente della Congrega di Carità che gestiva l’ente, mentre il fratello minore Biagio, ingegnere, ne progettò l’ampliamento rispondente alle moderne esigenze igieniche e sanitarie.

Per concludere il processo di riappacificazione, quindi, anni dopo nei pressi dell’Ospedale fu eretto il monumento alla memoria Garibaldina come segno di ringraziamento a quel re odiato e giustamente non subito apprezzato dalle popolazioni del Sud, che nei primi anni post-unitari concesse a Roccaromana il primo ospedale di beneficenza post-unitario, nosocomio che poi lo Stato repubblicano ha chiuso.

Allora poniamoci una domanda che vada al di là degli studi storici e delle opinioni che liberamente ognuno di noi può avere: è tanto migliore questa repubblica che ha negato il futuro al nostro territorio chiudendo una fonte di vita, di salute e di sviluppo sociale, di un re non desiderato che da Torino autorizzò un nuovo ospedale in un territorio del Sud Italia a lui ostile?

Bibliografia
  • RAFFAELE ALFONSO RICCIARDI, Roccaromana. Monografia Storica, 1887;
  • MARIO PANEBIANCO, Summa archeologica e storica delle antichità di Roccaromana, Sparanise 1996;
  • Archivi parrocchiali;
  • Documenti privati.

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