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Il canto di Santo Sereviesto in Terra di Lavoro

«Oggi è calenne e dimane è l’anno nuovo» recita così l’antico canto di fine anno decantato in tante comunità di Terra di Lavoro nella giornata di San Silvestro. Questa tradizione ancora viva a Castel Morrone (Caserta) e nella vicina Limatola (Benevento), come nel borgo medievale di Casertavecchia e le vicine Casola, Sommana e Pozzovetere tutte frazioni di Caserta, ma anche a Casafredda piccola frazione di Teano (Caserta), a cui si aggiunge Casale frazione di Carinola (Caserta), vede il 31 dicembre un gruppo più o meno grande di persone andare di casa in casa ed eseguire il canto di Santo Sereviesto, a cui segue il dono in cibaria da parte del padrone di casa. In testa alla comitiva c’è il portatore di un grosso ramo d’alloro in segno di abbondanza, ma anche di gloria eterna, al quale sono fissate delle campanelle o dei semplici nastrini e altri simboli di opulenza. Le altre persone cantano insieme accompagando il tutto con strumenti tradizionali come il putipù e il triccheballacche o improvvisati come i coperchi delle pentole, a cui si è aggiunto nel periodo più recente anche la fisarmonica.

Il video realizzato dall’Associazione Terzo Millennio con immagini di repertorio e fruibile all’indirizzo web https://www.facebook.com/watch/?v=839917809885806 mostra l’esecuzione del canto per le strade e i cortili di Castel Morrone.

In genere il canto era eseguito il 31 dicembre dai contadini che erano stati ingaggiati dal massaro e che avevano lavorato per lui nella cosiddetta stagione, che andava da maggio a novembre. Davanti all’entrata della casa del “padrone” si pregava Dio e la Madonna per la Santa Signuria (con riferimento al titolo nobiliare del massaro) e la Ronna (cioè la moglie del massaro, detta anche zì Maestà). I primi versi della composizione sono chiaramente augurali e servono anche ad annunciarsi. Alla fine del canto c’è la richiesta dell’ufferta (cioè dell’offerta), che avrebbe costituito in gran parte il cenone dell’ultimo dell’anno, con la pronuncia dell’amen quasi a conclusione di una preghiera. La melodia del canto, infatti, è molto semplice e monotona, quasi a ricordare le litanie dei Santi o il Te Deum che venivano eseguite in Chiesa.

Del canto, molto diffuso in Campania, ne esistono varie versioni che cambiano da luogo a luogo, seguendo anche una cadenza dialettale diversa. Il testo qui riportato è stato documentato nel territorio di Macerata Campania e Portico di Caserta facendo fede a varie fonti orali ed eseguito oggigiorno dai locali con le “Battuglie di Pastellessa” in occasione della festività di Sant’Antonio Abate del 17 gennaio:

Santo Sereviesto

(Autore testo ignoto; Provenienza: Terra di Lavoro)

(Parte parlata)
Cient’anni a stu Massaro che c’invita,
con la sua moglie,
con i suoi figli
e a tutti i suoi.

(Parte cantata)
Santo Sereviesto e nuje cantammo ‘bbuono
oggi è calenne e dimane è l’anno nuovo.
La festa è Santa e la Santa Signuria
Dio ‘nce la cresce sta bella cumpagnia.
Crisce e criscenne e facenne chisti sciusce
ca tutte tu canusce.
Canusce a nuje e canusce a centil’omo.
Oi centil’omo cu chesti braccia aperte
vattenne a Roma a sfraveca palazze.
‘Ncopp’e palazze ‘nce sta na bella tromma
cu gloria de palomma.
Gira e rigira sta fronna r’auliva
chistu Massaro cient’anne ‘nce vive.
Viva la Ronna e viva Polisano
Santa Maria che ‘mparaviso staje
scanza chesta casa da periculi e da guaie.
La Luna ioca e lassammela iocare.
Facce l’ufferta assì ‘nce la vuoi fare.
Faccille sicche sicche faccille e sauciccia.
Faccille rasse rasse faccille e sanguinaccio.
Faccille de nucelle puozze fà nu ‘rre de stelle.
Ammen, ammen, ammen,
nuje pigliammo ‘e sacche ‘e ammen.
Ammen, ammen, ammen,
nuje pigliammo ‘e sacche ‘e ammen.
Ammen, ammen, ammen,
nuje pigliammo ‘e sacche ‘e ammen.

Il testo si traduce in: «Cent’anni a questo Massaro che ci invita, / con la sua moglie, / con i suoi figli / e a tutti i suoi (familiari). / È San Silvestro e noi cantiamo bene / oggi è calenne (cala l’anno, finisce) e domani è l’anno nuovo. / La festa è Santa e la Santa Signoria / Dio ce la cresce sta bella compagnia. / Cresce e crescendo e dicendo queste parole / che tutto tu conosci. / Conosci a noi e conosci al gentiluomo. / Oi gentiluomo con queste braccia aperte / vattene a Roma a rompere palazzi. / Sui palazzi ci sta una bella tromba / con gloria della colomba. / Gira e rigira questo ramo di ulivo / questo Massaro cent’anni ci vive. / Viva la ronna (la massara) e viva polisano (forse il molisano?) / Santa Maria che in Paradiso stai / scansa questa casa dai pericoli e da guai. / La Luna gioca e lasciamela giocare. / Facci l’offerta se ce la vuoi fare. / Faccela secca secca faccela di salsiccia. / Faccela grassa grassa faccela di sanguinaccio. / Faccela di noccioline possa fare un re di stelle. / Amen, amen, amen, / noi prendiamo un sacco di amen. / Amen, amen, amen, / noi prendiamo un sacco di amen. / Amen, amen, amen, / noi prendiamo un sacco di amen».

Nell’esecuzione della Battuglia di Pastellessa di Macerata Campania risulta essere predominante il ritmo ottenuto dalla persussione di botti, tini e falci, che rende il tutto unico ed emozionante.

Bibliografia

(*) In copertina “Esecuzione del canto Santo Sereviesto a Castel Morrone“. Foto dell’Associazione Terzo Millennio, 31 dicembre 2019.


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