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L’esilio di Francesco II di Borbone

  • Storia

La mattina del 14 febbraio 1861, mentre le truppe dell’esercito piemontese entravano nella piazzaforte di Gaeta e si radunavano sul Monte Orlando, il re Francesco II di Borbone e la regina Maria Sofia, seguiti dal corteo reale, si imbarcarono sulla nave da guerra francese Mouette per recarsi in esilio a Roma, ospiti del pontefice Pio IX.

È così che si concluse il lungo assedio, cominciato il 5 novembre 1860, che portò alla capitolazione del Regno delle Due Sicilie conquistato dal Regno di Sardegna insieme alle truppe garibaldine.

All’arrivo della nave francese, messa a disposizione della famiglia reale, Francesco II e Maria Sofia uscirono dalla casamatta ed avanzarono lungo uno stretto corridoio segnato da due ali dei suoi soldati in ordine serrato e dietro i quali spingeva una folla di altri soldati e cittadini. La banda intonò l’inno nazionale del Regno delle Due Sicilie, composto e musicato da Giovanni Paisiello nel 1787. I soldati, laceri e smunti, piangevano mentre mostravano le armi gridando «Viva ‘o Re».

Francesco II di Borbone e Maria Sofia lasciano Gaeta

Qualcuno si gettò ai piedi del re baciandogli le mani e le vesti, soldati e ufficiali si abbracciarono singhiozzando e alcuni si strapparono le spalline dell’uniforme spezzando la spada contro le pietre della strada. La popolazione agitava i fazzoletti dai balconi, mentre Francesco II e la moglie avanzavano lentamente salutando con la mano. Il breve percorso richiese, così, molto tempo. Una piccola imbarcazione servita da marinai in alta uniforme portò i sovrani sulla Mouette, sulla quale fu innalzata la bandiera borbonica. Su quella nave salirono anche dignitari, diplomatici, ufficiali e volontari stranieri che non volevano cadere nelle mani dei piemontesi. Salpata la nave, e superata la punta di Gaeta, la batteria Santa Maria sparò i ventuno colpi di cannone per il saluto al re. La bandiera bianca si abbassò tre volte in segno di omaggio, prima di essere definitivamente ammainata. Sulla Torre d’Orlando saliva al suo posto il tricolore con la croce dei Savoia. Sbarcarono a Terracina, dopo poche ore, ricevuti dal conte Antonelli e cominciò l’esilio nel palazzo del Quirinale.

Il giorno dopo sull’istmo di Montesecco, schierata in ordine di battaglia, vi era la Brigata piemontese “Bergamo”, davanti alla quale si posero a cavallo il principe Eugenio di Carignano, i generali Cialdini, Menabrea e tutto lo Stato maggiore. Subito dopo uscirono le truppe borboniche, in parata, con in testa i generali, gli ufficiali di Stato maggiore, quelli di artiglieria e infine i soldati. Le truppe sfilarono per tutta la giornata, 920 ufficiali e impiegati e 10.000 soldati. Nei punti fissati deposero le armi e le bandiere per poi imbarcarsi sulle navi che le attendevano per condurli prigionieri nelle isole del golfo.

Resistevano ancora le fortezze di Messina e di Civitella del Tronto, ma la conquista del Regno delle Due Sicilie – dopo l’invasione senza dichiarazione di guerra delle truppe nemiche piemontesi – era praticamente completata.

Bombardamento di Gaeta e scoppio della polveriera

L’ultimo ordine del giorno di Francesco II fu il seguente:

Generali, Uffiziali e Soldati dell’Armata di Gaeta!

La fortuna della guerra ci separa. Dopo cinque mesi nei quali abbiamo combattuto insieme per l’Indipendenza della Patria, dividendo gli stessi pericoli, soffrendo le stesse privazioni, è giunto per me il momento di mettere un termine ai vostri eroici sacrifici.

Era divenuta impossibile la resistenza, e se il mio desiderio di soldato era di difendere con Voi l’ultimo baluardo della Monarchia, fino a cadere sotto le mura crollanti di Gaeta, il mio dovere di Re, il mio amore di Padre, mi comandano oggi di risparmiare un sangue generoso, la cui effusione nelle circostanze attuali non sarebbe che l’ultima manifestazione di un inutile eroismo.

Per Voi, miei fidi compagni d’armi, per pensare al vostro avvenire, per le considerazioni che meritano la vostra lealtà, la vostra costanza, la vostra bravura, per voi rinunzio all’ambizione militare di respingere gli ultimi assalti di un nemico, che non avrebbe preso la Piazza difesa da tal soldati, senza seminare di morte il suo cammino.

Militi dell’Armata di Gaeta, da dieci mesi combattete con impareggiabile coraggio. Il tradimento interno, l’attacco delle bande rivoluzionarie di stranieri, l’aggressione di una potenza che si diceva amica, niente ha potuto domare la vostra bravura, stroncare la vostra costanza. In mezzo alle sofferenze d’ogni genere, traversando i campi di battaglia, affrontando il tradimento, più temibile che il ferro ed il piombo, siete venuti a Capua e a Gaeta, segnando il vostro eroismo sulle rive del Volturno, sulle sponde del Garigliano, sfidando per tre mesi dentro a queste mura gli sforzi d’un nemico, che disponeva di tutte le risorse d’Italia.

Grazie a voi è salvo l’onore dell’Armata delle Due Sicilie; grazie a voi può alzare la testa con orgoglio il vostro Sovrano; e sulla terra d’esilio, in che aspetterà la giustizia del Cielo, la memoria dell’eroica lotta dei suoi Soldati, sarà la più dolce consolazione delle sue sventure.

Una medaglia speciale vi sarà distribuita per ricordare l’assedio; e quando ritorneranno i miei cari soldati nel seno delle loro famiglie, tutti gli uomini d’onore chineranno la testa al loro passo, e le madri mostreranno come esempio ai figli i bravi difensori di Gaeta.

Generali, Uffiziali e Soldati, vi ringrazio tutti, a tutti stringo la mano con effusione d’affetto e riconoscenza. Non vi dico addio, ma a rivederci. Conservatemi intatta la vostra lealtà, come vi conserverà eternamente la sua gratitudine e la sua affezione il vostro

Re Francesco

Bibliografia
  • Pier Giusto Jaeger, Francesco II di Borbone. L’ultimo re di Napoli, Milano 2004;
  • Gigi Di Fiore, Gli ultimi giorni di Gaeta, Milano 2010;
  • Gigi Di Fiore, L’ultimo re di Napoli. L’esilio di Francesco II di Borbone nell’Italia dei Savoia, Milano 2018.

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