Dopo aver sconfitto Corradino di Svevia e sottomesso le città alleate, Carlo I d’Angiò (1226-1285), re di Sicilia e fratello del re di Francia, divise in due l’ampio Giustizieriato d’Abruzzo con un documento sottoscritto ad Alife il 5 ottobre 1273, conosciuto come Diploma di Alife.
Con tale provvedimento Carlo I volle migliorare il controllo del Giustizierato svevo dell’Aprutium, con il fiume Pescara, le catene montuose del Gran Sasso e la Maiella che dividevano l’Abruzzo adriatico (Citra) da quello montano (Ultra).
Ciò avvenne nel periodo storico in cui Carlo aveva assegnato la reggenza della Contea di Alife al figlio Filippo d’Angiò (1256-1277). Si ignora se Alife in quel periodo fosse ancora a capo del ministato federato di contee, nato sotto Malgerio Postella e voluto da re Ruggero II (1095-1154), con il quale si garantiva anche il controllo della via Casilina. Il suo territorio comprendeva, oltre i feudi dell’area diocesana alifana, anche quelli di nord-ovest a partire da Roccamonfina fino a Mignano Monte Lungo.
Dai dati storici risulta che, in quel periodo, Alife contribuisse al servizio militare con 20 militi più 1 di Guimondo di Buscione, per complessivi 21 sui 30 militi, che doveva fornire il ministato. Con l’aumento previsto sarebbero diventati 39 militi, di cui Alife ne doveva disporre i 2/3. Questa città risultava, perciò, il maggior centro infeudato dell’odierna regione Campania, sopra Calvi, Conza, Avellino e Carinola. Gli altri centri, invece, fornivano: Sant’Angelo (d’Alife) e Raviscanina 3 militi, Ailano 3 militi, Prata (Sannita) 2 militi, Piedimonte (Matese) e Castello (Matese) 2 militi, Letino 1 milite, Mignano 5 militi.
La contea di Alife, inoltre, nonostante lo spopolamento in atto per la formazione dei centri della vallata del Volturno, era ancora il capoluogo di quell’area come si evince dalla contribuzione dovuta al Regio Fisco, che copriva il 45% della tassazione di tutti i centri della diocesi.
Certamente il re Carlo I non avrebbe dato abbastanza onore al figlio se non gli avesse concesso una contea rinomata e per dare maggiore prestigio scelse la sua contea per la sottoscrizione di un così importante «decreto».
Filippo, conte di Alife, era entrato nello scacchiere bellico del padre Carlo che ambiva ad occupare Costantinopoli. Difatti, già nel 1267, il 27 maggio, a Viterbo di fronte a papa Clemente IV, Carlo aveva concluso con l’Imperatore latino Baldovino II, in esilio dal 1261, un trattato che prevedeva il matrimonio di Filippo di Courtenay, figlio di Baldovino, con sua figlia Beatrice, ma anche l’impegno reciproco a riconquistare Costantinopoli.
All’accordo aderì anche Guglielmo II di Villehardouin, principe d’Acaia, che pose i suoi domini sotto la sovranità di Carlo. Gli fu devoto alleato e nel 1271 diede in matrimonio la propria erede, Isabella, al figlio di Carlo, Filippo. A seguito di tale accordo il Principato di Guglielmo sarebbe passato, dopo la sua morte, agli Angioini, come avvenne nel 1278.
L’intento svanì in seguito ai tumulti sviluppatisi in Sicilia meglio noti con i Vespri Siciliani.
Bibliografia
- N. F. Faraglia, Saggio di Corografia Abruzzese medievale, Edizione Seab Bologna, 1977;
- A. Gambella, Medio Evo Alifano, Drengo, Roma, 2007;
- A. Gambella, Alife e i centri abitati della Diocesi dal XIII al XV secolo, Annuario ASMV, 2013.
(*) Immagine in intestazione: Giovan Battista Pacichelli, pianta di Alife (1703).
Perché la citazione è importante
Abbiamo bisogno del tuo sostegno, che può essere fatto con pochi clic. Se decidi di utilizzare i contenuti del nostro sito web non dimenticare di citare la fonte, indicando il link del nostro articolo. Questo valorizzerà il nostro lavoro! Per maggiore supporto non esitare a contattarci.