Oggi ricorrono 76 anni dall’11 giugno 1945 quando, con decreto legislativo luogotenenziale n. 373, Umberto II ripristinò la provincia di Caserta.
In effetti, quasi vent’anni prima, nel 1927, Vittorio Emanuele III, con regio decreto legislativo n. 1, aveva soppresso – caso unico in Italia – la Provincia di Terra di Lavoro, dopo ben sette secoli dalla sua istituzione. Il suo territorio fu diviso tra le allora province di Roma, Frosinone, Campobasso, Benevento e Napoli, dovendo quelle di Littoria – poi Latina – e Isernia ancora sorgere. Così, dei 192 comuni che la componevano, 102 passarono alla provincia di Napoli, 16 a quella di Benevento, 7 ad Avellino, 15 a Roma e 52 a Frosinone.
Ancora prima della fine della Seconda guerra mondiale, però, molte personalità del territorio casertano, e in particolare il sindaco di Caserta ing. Luigi Giaquinto e il presidente del CLN Clemente Piscitelli – esponente nazionale del Partito Popolare –, pressarono già nel 1944 i nuovi governi per la ricostituzione della provincia di Terra di Lavoro.
Seppure decisamente dimezzata, i protagonisti politici casertani accettarono i nuovi confini per timore che l’alternativa fosse la rinuncia alla provincia stessa. In realtà, tanti altri comuni della ex Terra di Lavoro, e cioè Venafro, Sesto Campano, Sant’Agata de’ Goti, Limatola ed altri centri del Beneventano, intesero passare nella neocostituita provincia di Caserta, ma non fu reso possibile.
La provincia di Caserta rappresentò nel 1945 certamente un nuovo soggetto perché perse non solo la sua antica denominazione di Terra di Lavoro, ma anche circa metà del suo territorio storico, essendo limitata a soli 82 comuni, aumentati oggi a 104 per via di alcuni centri che riottennero l’autonomia amministrativa e di altri di nuova istituzione.
Infatti, nel 1946 furono istituiti i comuni di: Capodrise (dal distacco da Marcianise); Casaluce e Teverola (dall’unico comune di Fertilia); San Marcellino (dal distacco da Trentola Ducenta); Gricignano d’Aversa, Carinaro e Lusciano (da distacco da Aversa), Casagiove e San Nicola la Strada (dal distacco da Caserta); Pastorano (dal distacco da Camigliano); Arienzo e San Felice a Cancello (dall’unico comune di Arienzo San Felice).
Nel 1947 i comuni di: Casapulla, Curti, San Prisco e San Tammaro (dal distacco da Santa Maria Capua Vetere); Giano Vetusto (dal distacco da Pignataro Maggiore). Nel 1964 il comune di Falciano del Massico (dal distacco da Carinola); nel 1973 i comuni di Casapesenna e di Cellole (rispettivamente dal distacco di San Cipriano d’Aversa e di Sessa Aurunca). E infine nel 1975 il comune di San Marco Evangelista (dal distacco da Caserta e da Maddaloni).
Eppure, il decreto legislativo luogotenenziale del 1945 parla esplicitamente di «ricostituzione», evidentemente perché riconobbe nella provincia di Caserta la naturale erede di quella di Terra di Lavoro, conservando lo stesso capoluogo, il nucleo territoriale originario e lo stemma.
Oggi la provincia di Caserta è popolata da 911.606 abitanti e risulta essere la terza provincia campana per numero di abitanti, la quindicesima in Italia. E nonostante le maldicenze e drammatizzazioni – senza però voler misconoscere i lati negativi – è una provincia di grande cultura, arte, tradizioni, fede e storia da competere e, talvolta, superare le altre. Di queste eccellenze il Centro Studi della Provincia di Caserta “Antica Terra di Lavoro” vuole essere promotore.
Bibliografia
- La provincia di Terra di Lavoro: oggi Caserta nelle sue circoscrizioni territoriali e nei suoi amministratori a tutto il 1960, a cura dell’avv. DOMENICO DE FRANCESCO, Caserta 1961;
- OLINDO ISERNIA, Studi storici su una provincia del Sud in Età contemporanea. Terra di Lavoro, Caserta 2016.
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