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Le sei sorelle: il canto tradizionale di Macerata Campania legato al culto mariano

La comunità di Macerata Campania riesce ad esprimere di anno in anno un repertorio musicale da far invidia a molti. Si contano, infatti, a seconda delle annualità dalle 20 alle 40 produzioni inedite.

I brani realizzati dalle “battuglie di pastellessa” (gruppi locali) in occasione della festa di Sant’Antuono – eseguiti dai tipici “bottari” sulle percussioni di botti, tini e falci – presentano dei testi scritti e musicati appositamente per l’evento dai partecipanti: in essi è facile ritrovare dei riferimenti al venerato Sant’Antonio Abate, alla festa, alla tradizione, al territorio, alla vita quotidiana e al sociale. In tantissimi casi sono a noi sconosciuti gli autori dei brani eseguiti, come la loro origine che si perde nella notte dei tempi. Fra questi ritroviamo il canto de “Le sei sorelle“, legato al culto mariano, ancora oggi eseguito dai bottari di Macerata Campania sui carri di Sant’Antuono in occasione della beneamata festa.

Bottari in esibizione nel corso della Festa di Sant'Antuono a Macerata Campania edizione 2020. Foto di Vincenzo Polcari © 2020.

Il testo di autore ignoto, musicato al ritmo di tarantella “maceratese”, presenta talvolta delle piccole varianti nelle strofe, legate al contributo dei vari esecutori nella trasmissione orale del canto. La versione documentata nel territorio, facendo fede a varie fonti orali, si presenta nelle seguente forma:

Le sei sorelle

(Autore testo: Ignoto; Provenienza: Macerata Campania)

Son sei sorelle son tutte belle,
son tutte belle per fare l’amor!

E c’è la prima che è piccolina,
che è piccolina per fare l’amor!

E c’è la seconda che è riccia e bionda,
che è riccia e bionda per fare l’amor!

E c’è la terza che vuol la sferza,
che vuol la sferza per fare l’amor!

(OPPURE: E c’è la terza col fiore in testa,
col fiore in testa per fare l’amor!)

E c’è la quarta che fa la sarta,
che fa la sarta per fare l’amor!

E c’è la quinta che marcia incinta,
che marcia incinta per fare l’amor!

(OPPURE: E c’è la quinta che messa incinta,
che messa incinta per fare l’amor!)

E c’è la sesta che è disonesta,
che è disonesta per fare l’amor!

Son sei sorelle son tutte belle,
son tutte belle per fare l’amor!

Il canto de “Le sei sorelle” eseguito dalla battuglia di pastellessa “‘O ritorno ‘e Sant’Antuono”

Questo canto potrebbe riferirsi a una diffusa credenza popolare, secondo cui si ritiene che le Madonne in Campania siano sette sorelle, sei belle e una brutta e nera. Secondo il musicologo Roberto De Simone «Il numero sette (che è un numero magico) non va pensato solamente come sette: dal momento che sei sono bianche e una è nera, sei rappresentano la primavera e l’estate, la settima – nera e brutta – rappresenta l’autunno e l’inverno, e in un solo segno racchiude questo lungo periodo, in cui la terra accoglie la seminagione e promette il ritorno delle sei sorelle belle. Nella cultura campana la “settima” è la Madonna di Montevergine, ed è l’unica ricorrente, le altre sei possono essere qualsiasi; infatti i nomi variano da paese a paese» [1].

Ecco, quindi, le possibili sette sorelle [2]: la Madonna del Carmine, detta anche la Bruna, la Madonna dell’Arco, il cui santuario situato a Sant’Anastasia è ancora oggi meta di pellegrinaggio da parte dei maceratesi, la Madonna di Piedigrotta (Napoli) a cui sono soliti affidarsi pescatori e marinai, la Madonna delle Galline, che si festeggia la domenica in Albis a Pagani, la Madonna della Pace, venerata a Giugliano in Campania, la Madonna di Briano, la cui antica chiesetta si trova a Villa di Briano e infine la Madonna di Montevergine, la “Madonna nera”, chiamata anche “Mamma Schiavona” per il suo colore bruno, come la pelle degli schiavi saraceni, il cui Santuario posto a Mercogliano è meta di pellegrini.

Le feste a loro dedicate iniziano nel periodo pasquale per poi concludersi il 12 settembre con la tradizionale Juta a Montevergine. Queste festività, da inizio primavera fino alla fine dell’estate, sono legate in modo indissolubile al ciclo naturale delle stagioni e alla rinascita della natura, con il rinverdire e fiorire dei campi e dei prodotti della terra.

Negli anni ’70 del secolo scorso il canto è stato rielaborato da Roberto De Simone e inserito nel “Coro dei soldati”, che apre il terzo atto della sua celebre opera teatrale “La gatta Cenerentola” [3].

L’incontro del maestro De Simone con “Le sei sorelle”, avvenuto nel 1973 e inserito nel CD 1 dell’opera “Son sei sorelle” sotto il titolo “Ingresso del Carnevale” [4], è stato documentato sulle pagine di Rai Televideo nell’intervista rilasciata dal maestro a Laura Mandolesi Ferrini sull’importante opera pubblicata da Squilibri Editore [5]:

Laura Mandolesi Ferrini – Dopo 30 anni Lei è tornato a pubblicare questo lavoro con un nuovo titolo: “Son sei sorelle”. Nella prima traccia che dà inizio al cofanetto, una donna racconta il mito delle sei Madonne, sorelle fra loro… ma poi si scopre che sono sette….

Roberto De Simone – Ho scritto “Son sei sorelle” perché il canto dei bottari si riferisce alle sei sorelle e l’ho pubblicato anche, facendolo cantare nella Gatta Cenerentola: “Son sei sorelle, son tutte belle…”. Perché la settima è quella nera, sconosciuta, esclusa, non si sa chi sia. C’è una madonna in Campania, che sa come si chiama? La “Madonna ca nun se sape”. Quella che non si conosce. A Maronna ca nun se sape.

Laura Mandolesi Ferrini – Ma appartiene alla leggenda o ha un suo culto locale?

Roberto De Simone – No, è venerata in Irpinia.

Laura Mandolesi Ferrini – Ed è nera?

Roberto De Simone – Non si conosce niente. Non ha immagine. Alcuni l’hanno identificata con la Madonna del Terremoto. Che è apparsa e nessuno l’ha saputa descrivere. Una Madonna ca nun se sape. Ecco, e allora io ho detto, facciamo “Son sei sorelle”.

Ritroviamo una versione ridotta della registrazione del 1973 sul portale web dell’Archivio Sonoro della Campania [6]. A questa si aggiungono le registrazioni sul campo dell’antropologa Annabella Rossi realizzate il 17 gennaio 1976 a Macerata Campania [7], che restituiscono delle esecuzioni del tutto acustiche, senza l’ausilio di impianti elettronici di amplificazione come accade oggigiorno sui carri di Sant’Antuono.

Annabella Rossi, "Macerata Campania, barca per S. Antonio Abate", Periodo: 1972-1977 [8]
Annabella Rossi, "Macerata Campania, barca per S. Antonio Abate", Periodo: 1972-1977 [8]

Ritornando all’intervista rilasciata da Roberto De Simone a Laura Mandolesi Ferrini scopriamo un piccolo aneddoto:

Laura Mandolesi Ferrini – Ma tanti di questi giovani che affollano le feste rituali poi fanno anche le veglie notturne, seguono i suonatori, insomma, si vede che in qualche modo anche loro amano questa cultura.

Roberto De Simone – Ma la amano, la amano diciamo in una maniera sbagliata perché non la sanno analizzare. Non seguono nessun indirizzo, sono solamente nella scia di: “…la cultura sono i giovani”. Il che non solo è un errore ma dà a questi giovani anche un’arroganza che appartiene tutta alla borghesia. Io quest’anno sono andato a Montemarano (AV), perché continuo a girare, voglio vedere, tastare il polso alle cose. E in una specie di rassegna che facevano per il Carnevale, ho visto anche i “bottari” di Macerata (Macerata Campania, CE). E ho visto che suonavano bene. E allora ho domandato al capogruppo: “Ma voi siete quelli che si sono lasciati andare alla musica leggera, che collaborano con i cantanti?”. E loro: “No, assolutamente. Per noi fare questa cosa è come andare a messa. Noi la facciamo con rispetto alla tradizione”. Infatti erano nello stile popolare, dove c’è innanzitutto questa violenza del cantare, del ballare, del dire e dell’agire, perché è il corpo stesso che partecipa all’anima. E’ una cultura dionisiaca, in cui il corpo si abbandona al delirio della mente che pesca nei ricordi ancestrali le proprie pulsioni. E allora, da questo punto di vista, i giovani queste cose non le sanno.

Quel capogruppo, allora trentenne, di cui il maestro De Simone non ha fornito le generalità, ero io e di quella bella conversazione conservo una foto a me cara. Viva le tradizioni!

Da destra Vincenzo Capuano, Roberto De Simone e Giacomino Di Dio detto puca d'oro (Montemarano, 13/02/2011).
Da destra Vincenzo Capuano, Roberto De Simone e Giacomino Di Dio detto puca d'oro (Montemarano, 13/02/2011).
Bibliografia

[1] Gianni Gugliotta, L’Antico Presente. Canti delle campagne di Terra di Lavoro, Russo Editore, Caserta, 1984

[2] Vincenzo Capuano, Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania, II edizione, Lulu.com, Centro Studi Historia Loci, Macerata Campania, 2018

[3] Roberto De Simone, La gatta Cenerentola. Favola in musica in tre atti, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1977

[4] Roberto De Simone, Son sei sorelle. Rituali e canti della tradizione in Campania, Squilibri Editore, Roma, 2010

[5] Laura Mandolesi Ferrini, Intervista a Roberto De Simone: Le ‘sei sorelle’ di Roberto De Simone. Dopo 30 anni l’editore Squilibri torna su una preziosa ricerca, Rai Televideo, 2011

[6] Roberto De Simone, 03 Ingresso del Carnevale, Archivio Sonoro della Campania – Fondo Roberto De Simone: Le registrazioni sul campo, Campagna nei pressi di Portico, 1973

[7] Annabella Rossi, A. Rossi, Macerata Campania 1975 (9). Le battuglie di pastellessa per Sant’Antonio Abate, Archivio Sonoro della Campania – Fondo Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia-Campania: Le ricerche sul Carnevale, Macerata Campania, 17 gennaio 1976

[8] Annabella Rossi, 04 Macerata Campana, barca per S. Antonio Abate, Archivio Sonoro della Campania – Fondo Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia-Campania: Le ricerche sul Carnevale – I rilevamenti fotografici – Le foto di Annabella Rossi, Macerata Campania, 1972-1977


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